Panoramica sui microrganismi per la valutazione del rischio biologico

Nel mondo dell’industria alimentare, la conoscenza dei microrganismi rappresenta un elemento essenziale per garantire la salubrità e la qualità dei prodotti destinati al consumo umano.

I microrganismi sono entità biologiche microscopiche come batteri, virus, muffe, lieviti e protozoi che possono svolgere ruoli benefici, dannosi o patogeni all’interno delle filiere alimentari. La loro presenza può derivare da numerose fonti, inclusi ambienti di produzione, materie prime, superfici di lavorazione o operatori stessi, e può manifestarsi in forma di contaminazione primaria, secondaria, terziaria, quaternaria o crociata.

Un approccio metodico alla microbiologia alimentare è imprescindibile per tutte le imprese agroalimentari che hanno il dovere di immettere sul mercato prodotti sicuri per il consumatore e sono tenute a rispettare i requisiti normativi vigenti.

Principi che sono alla base delle metodologie di valutazione dei sistemi di gestione della sicurezza alimentare come (HACCP e HAPRC) introdotti nel Codex Alimentarius, e richiesti dagli standard GFSI (es. BRCGS, IFS, FSSC 22000).

Strumenti che permettono di classificare i microrganismi secondo il loro impatto (benefico, alterativo o patogeno), di individuare le fonti di contaminazione, di valutare i fattori che ne favoriscono la proliferazione e di adottare misure di prevenzione e controllo tecnologico.

Batteri e Virus

La distinzione tra batteri e virus costituisce un fondamento della microbiologia generale e applicata. I batteri sono organismi procarioti unicellulari dotati di una struttura cellulare autonoma, capaci di riprodursi in modo indipendente attraverso scissione binaria.

Panoramica sui microrganismi per la valutazione del rischio biologico

Sono presenti in tutti gli ambienti, incluso il suolo, l’acqua, la flora intestinale umana e animale. Alcuni sono innocui o addirittura utili, mentre altri possono risultare dannosi o patogeni.

I virus, al contrario, non sono classificabili come organismi viventi in senso stretto. Si tratta di entità acellulari composte da materiale genetico (DNA o RNA) racchiuso in un capside proteico. La loro replicazione avviene esclusivamente all’interno di cellule ospiti, alle quali sottraggono le risorse metaboliche per produrre nuove particelle virali.

Questi non si moltiplicano negli alimenti, ma possono contaminarli attraverso acque non potabili, superfici infette o manipolazioni da parte di operatori malati.

Tipologie di contaminazione biologica

La classificazione delle contaminazioni microbiche secondo la loro origine è fondamentale per pianificare strategie di prevenzione. Esistono cinque principali categorie:

  1. Contaminazione primaria: Avviene nella fase di produzione delle materie prime, a causa di fattori ambientali come suolo, acqua o animali. Ad esempio, ortaggi irrigati con acqua contaminata o carni provenienti da animali infetti rappresentano tipici vettori di contaminazione primaria.
  2. Contaminazione secondaria: Ha origine durante le operazioni di trasformazione e manipolazione. Le principali fonti includono le superfici di lavoro non sanificate e il personale non adeguatamente formato. Biofilm e scarsa igiene personale sono spesso responsabili di questa categoria.
  3. Contaminazione terziaria: Interviene durante la conservazione e distribuzione. Può essere dovuta a imballaggi compromessi o a una cattiva gestione delle condizioni ambientali (temperatura, umidità).
  4. Contaminazione quaternaria: Avviene nella fase di consumo, sia in ambito domestico che nella ristorazione. Comportamenti errati degli operatori o del consumatore, come l’uso improprio di utensili, rappresentano cause frequenti.
  5. Contaminazione crociata: Può avvenire in qualsiasi fase. Si verifica quando un microrganismo passa da un alimento o superficie contaminata ad un altro prodotto attraverso il contatto diretto o indiretto (es. coltelli, mani, taglieri).

Rischio Biologico : Suddivisione dei microrganismi

Per una corretta valutazione dei pericoli microbiologici in ambito alimentare, è indispensabile saper classificare i microrganismi in base agli effetti che possono produrre sugli alimenti. Questa suddivisione consente di orientare le strategie di controllo, prevenzione e valorizzazione. Possiamo distinguerli in tre gruppi principali:

  • Microrganismi utili, impiegati intenzionalmente nei processi di trasformazione per ottenere effetti positivi, come la fermentazione, l’aromatizzazione o la stabilizzazione di determinati prodotti.
  • Microrganismi deterioranti, responsabili di modificazioni indesiderate delle caratteristiche organolettiche, strutturali o visive degli alimenti. Non sempre patogeni, ma compromettenti la commerciabilità del prodotto.
  • Microrganismi patogeni, in grado di provocare infezioni o tossinfezioni alimentari nel consumatore. Essi rappresentano il fulcro dell’analisi del rischio microbiologico e richiedono l’adozione di misure preventive rigorose.

Le sezioni seguenti approfondiranno ciascuna di queste categorie, evidenziando specie microbiche, meccanismi d’azione ed esempi di applicazione o rischio.

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Microrganismi con effetti positivi

Numerosi microrganismi svolgono un ruolo benefico all’interno della filiera alimentare, contribuendo a migliorare qualità, conservabilità e sicurezza dei prodotti. Questi microrganismi sono spesso utilizzati nei processi di fermentazione, dove la loro attività metabolica genera acidi, alcoli e composti aromatici.

Tra i più noti troviamo i batteri lattici, come Lactobacillus spp., Leuconostoc, Pediococcus e Streptococcus thermophilus, che agiscono abbassando il pH, limitando la crescita di patogeni e conferendo profilo organolettico caratteristico a yogurt, formaggi, salumi e prodotti da forno fermentati.

Anche i micrococchi e stafilococchi coagulasi negativi, come Micrococcus spp. e Staphylococcus xylosus, sono ampiamente impiegati nei prodotti carnei fermentati, dove contribuiscono alla maturazione proteica e lipidica, migliorando aroma e colore.

In ambito fungino, alcune muffe (es. Penicillium camemberti, Penicillium roqueforti) sono fondamentali nella produzione di formaggi erborinati, mentre lieviti come Saccharomyces cerevisiae sono centrali nella panificazione e vinificazione.

La valorizzazione di questi microrganismi richiede ambienti controllati e ceppi selezionati per evitare derive fermentative o contaminazioni indesiderate.

Microrganismi deterioranti

I microrganismi alterativi rappresentano un’importante causa di perdita di valore commerciale degli alimenti, sebbene raramente rappresentino un pericolo diretto per la salute. La loro attività metabolica determina variazioni indesiderate di odore, sapore, colore, consistenza o aspetto visivo.

Tra i batteri aerobi deterioranti spiccano Pseudomonas spp., diffusi soprattutto nei prodotti refrigerati a base di carne e pesce, dove causano la formazione di mucillagini e odori sgradevoli.

Brochothrix thermosphacta è tipica dei prodotti carni conservati in atmosfera modificata, dove provoca alterazioni organolettiche evidenti. Anche Shewanella putrefaciens e Photobacterium phosphoreum sono coinvolti nel deterioramento dei prodotti ittici.

Nel comparto vegetale, batteri come Erwinia spp. e Pectobacterium spp. causano marciumi e disfacimento tissutale. Tra i microrganismi fungini, muffe come Aspergillus, Penicillium e Fusarium possono produrre metaboliti secondari dannosi e compromettere la conservabilità dei prodotti.

Un’elevata carica di alteranti riduce drasticamente la shelf-life, rendendo essenziale il controllo della catena del freddo, delle condizioni igieniche e dei parametri ambientali.

Microrganismi patogeni

La presenza di agenti patogeni negli alimenti rappresenta una minaccia significativa per la salute pubblica. Questi microrganismi, se ingeriti anche in quantità minime, possono provocare quadri clinici gravi, talvolta letali, in soggetti vulnerabili.

I batteri patogeni più diffusi includono:

  • Salmonella spp.: associata a prodotti animali, uova, ortaggi contaminati e spezie;
  • Listeria monocytogenes: pericolosa nei prodotti ready-to-eat e capaci di crescere a basse temperature;
  • Escherichia coli (soprattutto ceppi O157:H7): presente in carni poco cotte e verdure irrigate con acque contaminate;
  • Clostridium botulinum: produttore di una tossina neurotossica, pericoloso nei prodotti conservati anaerobicamente;
  • Campylobacter jejuni: presente in carni avicole crude, latte non pastorizzato e acque non trattate.

Tra i virus, meritano attenzione norovirus, epatite A e epatite E, spesso trasmessi per via oro-fecale attraverso mani contaminate o acque non potabili.

La gravità dei sintomi dipende da diversi fattori: dose infettante, virulenza del ceppo, stato immunitario del soggetto esposto. È quindi necessario adottare misure di autocontrollo severe e costanti per minimizzare il rischio di contaminazioni patogene.

Fattori che influenzano la crescita microbica

Lo sviluppo, la sopravvivenza o l’inattivazione dei microrganismi negli alimenti dipendono da numerosi fattori intrinseci ed estrinseci, i quali vanno attentamente considerati nella progettazione di processi sicuri;

  • Temperatura: è uno dei parametri più influenti. Ogni microrganismo possiede un intervallo termico di crescita (minima, ottimale e massima). I patogeni mesofili, come Salmonella spp. o E. coli, crescono tipicamente tra i 10 e i 45 °C. Alcuni, come Listeria monocytogenes, sono psicrotrofi e si sviluppano anche a temperature di refrigerazione.
  • pH: la maggior parte dei batteri patogeni non cresce sotto pH 4,5. Gli alimenti acidi sono pertanto più stabili microbiologicamente. I lieviti e le muffe tollerano pH più bassi, rendendoli predominanti in conserve e succhi.
  • Attività dell’acqua (aw): esprime la disponibilità dell’acqua per le reazioni biochimiche. I microrganismi necessitano di un valore minimo di aw per proliferare: batteri ≥ 0,91, lieviti ≥ 0,88, muffe ≥ 0,80. La riduzione dell’umidità libera (es. mediante essiccazione o salatura) è quindi una strategia efficace per il controllo microbiologico.
  • Presenza di ossigeno: influenza la crescita dei microrganismi in base al loro metabolismo. I microrganismi aerobi (es. Pseudomonas) necessitano di ossigeno, mentre gli anaerobi (es. Clostridium botulinum) proliferano in assenza. I prodotti confezionati sottovuoto o in atmosfera modificata rispondono a questi principi.

Altri elementi influenti includono la presenza di sostanze antimicrobiche naturali o aggiunte (come acido lattico o nitriti), la flora competitiva e il tempo di esposizione a condizioni favorevoli. Il controllo integrato di questi fattori è alla base dell’Hurdle Technology.

Processi tecnologici che influenzano i microrganismi

La trasformazione degli alimenti implica l’applicazione di processi tecnologici che possono inibire, ridurre o eliminare i microrganismi presenti. Tali interventi devono essere calibrati in funzione del rischio microbiologico identificato e degli obiettivi di shelf-life.

  • Trattamenti termici: sono tra i più efficaci. La pastorizzazione (es. latte a 72°C per 15 s) elimina la maggior parte dei patogeni vegetativi, mentre la sterilizzazione è destinata ai prodotti a lunga conservazione.
  • Catena del freddo: la diminuzione della temperatura sotto determinate temperature ‘blocca’ la curva di moltiplicazione e talvolta, nel caso del congelamento, avviene la rottura cellulare dovuta alla cristallizzazione del ghiaccio che ‘rompe’ le cellule.
  • Acidificazione e fermentazione: l’abbassamento del pH, combinato alla produzione di acidi organici e composti antimicrobici, è tipico dei prodotti fermentati (yogurt, salumi, sottaceti). Tali processi sfruttano microrganismi benefici in grado di inibire i patogeni.
  • Riduzione dell’umidità: tecniche come l’essiccazione, la salatura o l’uso di soluzioni iperosmotiche rallentano o impediscono lo sviluppo microbico. È il principio alla base di prodotti come baccalà, spezie, pasta secca.
  • Trattamenti innovativi: alte pressioni idrostatiche (HPP), raggi UV, ozono, radiazioni ionizzanti sono strumenti avanzati per l’abbattimento microbiologico senza alterare significativamente le proprietà organolettiche.

La scelta del trattamento adeguato deve sempre tener conto della resistenza intrinseca dei microrganismi target, della matrice alimentare e delle condizioni ambientali.

La conoscenza dei microrganismi e dei loro effetti nel settore alimentare rappresenta un fattore determinante per la costruzione di un sistema di valutazione necessario per la prevenzione e mitigazione del rischio biologico.

La capacità di distinguere tra microrganismi benefici, alterativi e patogeni, identificare le fonti di contaminazione, comprendere i fattori influenzanti e applicare misure tecnologiche adeguate è ciò che distingue un’azienda realmente orientata alla qualità e alla prevenzione.

L’analisi dei rischi microbiologici, accompagnata da un efficace sistema di monitoraggio e verifica, permetterà di garantire la salubrità del prodotto, salute del consumatore, e permetterà di tutelare la reputazione aziendale.

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