Garantire la qualità e l’autenticità dei prodotti non rappresenta solo una leva di competitività, ma una vera e propria esigenza strategica. I consumatori richiedono garanzie sempre più stringenti sull’origine degli ingredienti, sull’assenza di contaminazioni e sull’integrità delle etichette.
Parallelamente, gli attori che si occupano di definire i regolamenti globali per gli alimenti, tra cui EFSA, FDA, e GFSI, hanno rafforzato le normative in materia di sicurezza, qualità, legalità e autenticità alimentare.
Questo ha spinto le aziende ad adottare attività di valutazione dei rischi necessarie per la prevenzione e mitigazione dei pericoli, ed a dotarsi di strumenti scientifici avanzati per il controllo analitico a loro verifica.
L’evoluzione delle tecnologie di laboratorio ha resola High Performance Liquid Chromatography (HPLC) una delle metodologie analitiche più versatili e sensibili per la caratterizzazione degli alimenti.
Che cosa è la HPLC e come funziona la cromatografia liquida ad alte prestazioni
La cromatografia liquida ad alte prestazioni, o HPLC (High Performance Liquid Chromatography), è una tecnica analitica avanzata utilizzata per separare, identificare e quantificare i singoli componenti disciolti e presenti in una miscela complessa.
Si basa sull’interazione differenziata delle molecole analizzate tra due fasi: una fase mobile liquida, che trasporta i campioni lungo la colonna, e una fase stazionaria solida, sulla quale avviene la separazione. A differenza della cromatografia tradizionale, l’HPLC sfrutta pressioni elevate (fino a 6000 psi) per forzare il flusso del solvente, ottenendo separazioni rapide, risolutive e ad elevata riproducibilità.
Il principio di separazione si fonda sulle diverse affinità chimico-fisiche dei composti nei confronti delle fasi. Le sostanze con maggiore affinità per la fase stazionaria vengono trattenute più a lungo nella colonna, mentre quelle con affinità maggiore per la fase mobile eluiscono più velocemente.
A seconda delle caratteristiche delle molecole da analizzare, esistono differenti modalità operative, tra cui la cromatografia a fase inversa (RP-HPLC), particolarmente adatta per composti polari, e la cromatografia a scambio ionico, indicata per l’analisi di ioni inorganici e acidi organici.
Un aspetto chiave dell’HPLC è la presenza di rilevatori altamente sensibili. I più comuni includono il rivelatore UV/Vis, che misura l’assorbanza ottica a specifiche lunghezze d’onda, e il rivelatore a fluorescenza, utilizzato per composti con proprietà luminescenti.
In applicazioni più complesse si fa spesso ricorso alla spettrometria di massa (LC-MS), che permette di associare la separazione cromatografica a una determinazione strutturale precisa. La combinazione di HPLC e MS è oggi lo standard per il riconoscimento di contaminanti e residui chimici a concentrazioni ultra traccia.
Dal punto di vista tecnico, un sistema HPLC si compone di cinque elementi principali: pompa ad alta pressione, iniettore, colonna cromatografica, rivelatore e unità di acquisizione dati. Il campione, opportunamente preparato tramite tecniche come l’estrazione in fase solida (SPE) o microfiltrazione, viene iniettato e trasportato lungo la colonna. I dati raccolti generano un grafico chiamato cromatogramma, da cui è possibile dedurre tempo di ritenzione e area del picco, correlati rispettivamente all’identità e alla concentrazione del composto.
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Cromatografia liquida ad alte prestazioni nell’industria alimentare
La cromatografia HPLC è diventata uno strumento irrinunciabile nei moderni laboratori dell’industria alimentare, dove viene utilizzata per analizzare una vasta gamma di composti presenti nei prodotti finiti e nelle materie prime. Vediamo gli utilizzi principali:
Valutazione della sicurezza alimentare tramite HPLC
La sicurezza alimentare rappresenta una priorità assoluta per le imprese del comparto agroalimentare, chiamate a garantire che i propri prodotti siano privi di sostanze dannose e conformi ai requisiti igienico sanitari stabiliti a livello europeo e internazionale.
La cromatografia HPLC rappresenta uno strumento di analisi estremamente efficace per la rilevazione di contaminanti, residui chimici e sostanze tossiche anche in concentrazioni di traccia, contribuendo così a prevenire rischi per la salute pubblica e a tutelare la reputazione aziendale.
Un’applicazione fondamentale è la rilevazione dei residui di pesticidi e fitofarmaci, presenti nei prodotti vegetali a seguito delle pratiche agricole.
I metodi HPLC, spesso abbinati alla spettrometria di massa (HPLC-MS/MS), sono in grado di quantificare composti come carbammati, organofosforici, neonicotinoidi o glifosato, rispettando i limiti di legge definiti dal Regolamento UE 396/2005.
Le analisi vengono eseguite su campioni pretrattati mediante estrazione in fase solida o liquida, e consentono di confermare l’assenza di residui critici prima della commercializzazione del prodotto.
Uno degli ambiti applicativi più consolidati riguarda la determinazione quantitativa degli additivi alimentari. Infatti con il test è possibile separare e quantificare acidi sorbici, benzoici, dolcificanti sintetici, coloranti e conservanti in un’unica corsa cromatografica, ottimizzando tempi e costi analitici.
Un altro fronte di indagine riguarda la presenza di micotossine, metaboliti tossici prodotti da muffe del genere Aspergillus, Fusarium e Penicillium. Sostanze come l’aflatossina B1, l’ocratossina A e la fumonisina B1 possono contaminare cereali, frutta secca, spezie, caffè e derivati lattiero caseari.
L’HPLC con rivelazione a fluorescenza (spesso previa derivatizzazione) rappresenta il metodo di elezione per la loro determinazione analitica, grazie alla possibilità di raggiungere limiti di rilevabilità inferiori al microgrammo per chilo, in linea con i requisiti imposti dal Regolamento UE 915/2023.
Anche nel settore delle proteine animali, la HPLC viene utilizzata per individuare residui di antibiotici, sulfamidici e ormoni impiegati impropriamente negli allevamenti.
Questi composti, potenzialmente nocivi per la salute e responsabili dell’insorgenza di antibiotico-resistenze, possono essere tracciati nei tessuti, nel latte e nelle uova mediante protocolli HPLC ad alta specificità. Le tecniche con rivelazione UV-DAD o MS consentono il monitoraggio multiplo di decine di principi attivi, con tempi di analisi compatibili con i ritmi produttivi dell’industria.
Largamente adottata per verificare l’assenza di contaminanti da processo come ammine aromatiche, acrilamide, furani e idrocarburi policiclici aromatici (IPA), che si possono formare durante trattamenti termici ad alta temperatura (frittura, affumicatura, tostatura).
Infine, la HPLC trova largo impiego nella rilevazione di ammine biogene, marker di contaminazione microbica o alterazione proteica. Composti come istamina, tiramina e cadaverina, se presenti in eccesso, indicano processi di degradazione o errori nei parametri di conservazione.
Valutazione della qualità alimentare tramite HPLC
Nel controllo qualità alimentare, la High Performance Liquid Chromatography è una delle tecniche più adottate per garantire che i prodotti rispettino gli standard normativi, commerciali e nutrizionali.
Grazie alla sua elevata risoluzione e alla capacità di operare in condizioni flessibili, l’HPLC è in grado di fornire una fotografia dettagliata della composizione chimica degli alimenti, consentendo una valutazione accurata di freschezza, stabilità e conformità.
Uno dei principali utilizzi nel controllo qualità è la determinazione del profilo degli zuccheri e degli acidi organici, indicatori chiave per valutare la maturazione e la shelf-life dei prodotti.
Nella frutta trasformata, nei succhi e nei prodotti fermentati, il rapporto tra glucosio, fruttosio, saccarosio e acido citrico è fondamentale per stabilire parametri di accettabilità. Mediante cromatografia a fase inversa abbinata a rivelatori refrattometrici o UV, è possibile ottenere una separazione netta di tali componenti e rilevarne anche lievi variazioni tra i lotti di produzione.
La tecnica è ampiamente utilizzata anche per monitorare la stabilità dei lipidi e la presenza di prodotti ossidativi, che influiscono sul gusto e sulla conservabilità. Nei grassi vegetali e negli oli, l’HPLC permette di determinare l’eventuale formazione di idroperossidi e aldeidi secondarie, mentre nei prodotti da forno consente di misurare la degradazione dei trigliceridi.
Le colonne normal phase e le rivelazioni fluorimetriche sono spesso adottate per separare tocoferoli (vitamina E) e altri antiossidanti naturali, valutando così la protezione del prodotto contro l’irrancidimento.
Un altro ambito di applicazione riguarda la verifica del contenuto vitaminico, sia per le vitamine idrosolubili (gruppo B, C) che liposolubili (A, D, E, K). La precisione analitica della HPLC consente di distinguere isomeri, forme esterificate e degradate, spesso indistinguibili con metodi meno avanzati. In fase di produzione, queste analisi sono fondamentali per calibrare la supplementazione e assicurare la corrispondenza con i claim nutrizionali indicati in etichetta, nel rispetto del Regolamento UE n. 1169/2011.
Riconoscimento delle frodi alimentari tramite HPLC
La valutazione HPLC si afferma come una delle tecniche più efficaci per l’identificazione delle adulterazioni volontarie, delle sofisticazioni e delle falsificazioni di origine e composizione.
Grazie alla sua elevata risoluzione e capacità discriminante, permette di rilevare alterazioni anche minime nella composizione chimica degli alimenti, consentendo di distinguere un prodotto genuino da uno fraudolento.
Un’applicazione classica della cromatografia HPLC nel contrasto alla frode alimentare riguarda l’identificazione di marcatori tipici di adulterazione, come nel caso dell’aggiunta di sciroppo di mais ad alto contenuto di fruttosio nel miele, oppure della sostituzione di oli extravergini con oli raffinati di minor pregio.
L’analisi HPLC consente di rilevare specifici profili di zuccheri, trigliceridi o tocoferoli che rivelano l’origine delle materie prime.
Nel caso di prodotti di origine animale, come carne e latticini, la HPLC viene utilizzata per l’identificazione di contaminazioni da specie diverse o l’aggiunta di componenti non dichiarati.
Ad esempio, l’analisi degli aminoacidi liberi o dei peptidi caratteristici consente di stabilire la presenza di proteine derivanti da fonti non consentite, come nel caso di miscelazione tra carne bovina e suina.
Analogamente, nella filiera lattiero casearia, può essere utilizzata per rilevare la presenza di latte in polvere o grassi vegetali in prodotti che dovrebbero contenere esclusivamente ingredienti freschi.
Un altro ambito critico è rappresentato dalla verifica dell’autenticità dei prodotti enologici, come vino e succhi di frutta.
La cromatografia HPLC permette di monitorare la concentrazione di acidi organici (malico, tartarico, citrico) e composti fenolici che fungono da impronta digitale del prodotto originale. Alterazioni significative di questi profili possono indicare pratiche fraudolente come l’annacquamento, l’aggiunta di zuccheri o l’uso di aromi artificiali per mascherare difetti di lavorazione.
Queste analisi, spesso abbinate a spettrometria di massa (LC-MS), risultano determinanti in sede di dispute commerciali e controllo doganale.
Infine, l’HPLC rappresenta una risorsa fondamentale per contrastare le frodi legate all’aggiunta di coloranti e conservanti vietati o non dichiarati, soprattutto nei prodotti di importazione.
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