La plastic tax è una imposta di 45 centesimi ogni kg di plastica a carico dei produttori ed importatori di materiali in plastici destinati al singolo utilizzo. Denominati MACSI.
Inizialmente, l’entrata in vigore in Italia della Plastic Tax era stata fissata a luglio 2020. In seguito, è stata spostata al 1° gennaio 2021 dal decreto Rilancio. Il decreto Sostegni bis l’ha prorogata ulteriormente posticipando la data al 1° gennaio 2022.
La tassa sulla plastica (introdotta dalla Legge di Bilancio 2020) punta a ridurre progressivamente la produzione ed il consumo di manufatti in plastica monouso a tutela dell’ambiente (in particolare, gli oceani, microplastiche).
Scopriamo meglio cos’è, su quali prodotti viene applicata, a chi è rivolta, a quanto ammonta e quali sanzioni si rischiano in caso di mancato pagamento.
Richiedi una consulenza ambientale adesso
Prenota una call gratuita con un nostro consulente.
Plastic Tax: cos’è ed a quali prodotti si applica?
L’imposta sulla plastica (Plastic Tax) non interessa tutti i prodotti in plastica. Infatti verrà applicata ai cosiddetti prodotti MACSI (acronimo di manufatti con singolo impiego) utilizzati per il contenimento, manipolazione, protezione e consegna di prodotti alimentari o merci.
Più precisamente, riguarda prodotti monouso, non compostabili (compresi i tetrapak) e semilavorati realizzati con l’impiego anche parziale di materie plastiche (polimeri organici di origine sintetica), in forma di pellicole, fogli o strisce, non destinati al riciclo.
Sono esclusi dalla tassa i seguenti prodotti:
- MACSI compostabili conformi alla norma europea UNI EN 13432:2002;
- MACSI che contengono e proteggono dispositivi medici;
- dispositivi medici indicati dalla Commissione unica;
- prodotti realizzati con una percentuale di plastica al di sotto del 40% o riciclati.
L’importo fissato dalla Legge di Bilancio è di 45 centesimi di euro per ogni kg di prodotto venduto.
Chi è tenuto a pagare la plastic-tax?
L’obiettivo della plastic-tax non è quello di punire i produttori e o importatori di questi materiali. Ma di forzare la mano, verso produzioni alternative per la sostituzione della plastica.
Quest’ultima, per lo più, proveniente da paesi con politiche ambientali non sufficienti a garantire la sostenibilità ambientale, oltre che quella economica.
La Plastic Tax grava prevalentemente sull’azienda che produce i MACSI, ma anche sull’importatore di MACSI e sull’acquirente, ovviamente. Al di sotto dei 10 euro l’imposta non deve essere versata e non bisognerà presentare neanche la dichiarazione.
Le aziende pronte ai cambiamenti normativi sulla plastica possono ottenere la certificazione plastic-free.
Come funziona l’accertamento per la tassa sulla plastica?
L’accertamento della Plastic Tax si basa sulle dichiarazioni trimestrali presentate all’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli entro la fine del mese successivo al trimestre solare di riferimento della dichiarazione. Il termine coincide con quello di versamento dell’imposta dovuta.
L’accertamento, la verifica ed il controllo spettano ai funzionari dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli. Possono, oltretutto, accedere presso i locali di produzione di MACSI per acquisire elementi utili all’accertamento della corretta applicazione delle disposizioni.
Plastic Tax: sanzioni e incentivi
La Legge di Bilancio prevede tre diversi tipi di sanzioni:
- mancato pagamento della Plastic Tax: da 2 a 10 volte l’imposta evasa, comunque non inferiore a 500 euro;
- ritardato pagamento: 30% dell’imposta dovuta, non inferiore a 250 euro;
- presentazione tardiva della dichiarazione: da 500 a 5mila euro.
Al contrario, le aziende virtuose verranno premiate con un credito d’imposta del 10% delle spese sostenute nel primo anno per l’adeguamento tecnologico finalizzato alla produzione di manufatti compostabili conformi allo standard EN 13432:2002.
L’attuazione della Direttiva n. 2019/904/UE (SUP)
La Plastic Tax è una delle misure attuative della Direttiva Europea UE 2019/904 SUP (Single Use Plastics) entrata in vigore il 3 luglio 2019. Ha l’obiettivo di disincentivare l’utilizzo di prodotti in plastica usa e getta, non biodegradabili, ed a promuovere materiali compostabili ed ecocompatibili.
Ce lo chiede l’Europa con il principio delle tre ‘R’: riduzione, riciclo e riuso.
La direttiva europea intende ridurre e prevenire l’impatto ambientale di determinati prodotti in plastica quando sono disponibili alternative sostenibili. Gli Stati membri saranno tenuti a monitorare il consumo dei prodotti monouso e le misure adottate riferendo, di volta in volta, i progressi compiuti alla Commissione Europea.
La plastica monouso deve essere sostituita con un polimero naturale non modificato chimicamente.
Secondo la direttiva, allorquando non esistano alternative, i singoli Paesi dovrebbero puntare sulla riduzione del consumo, non sul divieto di immissione sul mercato dei prodotti.
In realtà, tale provvedimento rischia di creare non poche difficoltà a piccole e medie imprese italiane impegnate, ad esempio, nella produzione di palette del caffè (che fanno parte dei prodotti vietati dalla direttiva).
Le imprese italiane produttrici di palette del caffè per i distributori automatici sono leader del mercato ma, a seguito della direttiva europea, rischiano di diventare semplici rivenditori di prodotti importati all’estero con gravi ripercussioni economiche nel settore della distribuzione automatica.
Non solo: si rischierebbe un taglio dei posti di lavoro del 90%.
La direttiva europea SUP impone il divieto di immettere nel mercato europeo palette da caffè senza considerare la mancanza di alternative valide in grado di rispettare le nuove disposizioni.
Che cosa può fare la tua azienda?
Il green deal ha aperto nuovi scenari, non solamente per quanto riguarda, finalmente, la considerazione per la sostenibilità ambientale, ed il tentativo di riparare ai danni apportati all’ambiente.
Per le organizzazioni si aprono importanti interessi di transizione ecologica come ricerca e sviluppo sull’utilizzo di materiali alternativi, che ne conseguiranno importanti investimenti ed innovazioni industriali.
L’utilizzo di materiali riciclati, come sottoprodotti, provenienti da altre filiere, contribuirà a guidare l’industria verso l’economia circolare.
Un aiuto importante alla tua organizzazione, per sviluppare e progettare nuovi prodotti, può essere dato anche dagli standard di certificazione che sono presenti in questo settore. Vediamo i principali:
- Certificazione BRC Packaging: lo standard anglosassone che definisce i requisiti per i produttori di MOCA;
- Certificazione IFS Pac Secure: il fratello dello standard sopra citato, ma appartenente alla GDO franco tedesca;
- Certificazione BRC Cunsumer Product: lo standard anglosassone per i produttori di materiali plastici non a contatto, per l’igiene della casa e la cura della persona;
- Certificazione IFS HPC: come sopra ma di proprietà della GDO tedesco francese;
- Certificazione Plastic Free: certificazione di prodotti che valuta ed evidenzia l’assenza di plastica nel prodotto;
- Certificazione FSC: certificazione, nel caso di utilizzo di materiali composti da cellulosa, della sostenibilità ambientale e socio economica della filiera forestale.