Consulenza DOP DOC IGT IGP STG

Cosa sono le DOP, DOC, IGT, IGP, STG?

I riconoscimenti DOP, DOC, IGT, IGP ed STG, sono dei marchi riconosciuti che attestano l’appartenenza a particolari standard produttivi. Non si possono definire vere e proprio certificazioni alimentari, ma definiscono in maniere univoca determinate proprietà del prodotto.

differenze tra i riconoscimenti DOP, DOC, IGT, STG E IGP

L’Italia possiede un patrimonio inestimabile di eccellenze gastronomiche e prodotti alimentari unici riconosciuti in tutto il mondo.

È un patrimonio che non va solo riconosciuto ma tutelato dalle frodi. I prodotti made in Italy vengono classificati secondo varie denominazioni, ciascuna con le sue caratteristiche.

Sono 5 i principali marchi principali di riconoscimento, ma quali sono le differenze tra essi? Come distinguerli quando facciamo la spesa?

Per la tutela dei nostri prodotti unici e ‘protetti’ dobbiamo ringraziare il Ministero delle politiche agricole e alimentari ma anche l’Unione Europea.

Scopri il significato delle sigle, che identificano i riconoscimenti, per capire meglio cosa metti nel carrello.

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Le differenze tra i regimi di qualità alimentare

Pur sentendo spesso parlare di marchi di qualità, conosci le differenze tra i vari marchi? I prodotti made in Italy sono di altissima qualità, ed è per questo che l’Italia è il Paese europeo con il maggior numero di denominazioni di origine e indicazioni geografiche.

La comunità europea tutela, i consumatori, insieme al prezioso lavoro delle imprese produttrici, proteggendo la denominazione dei prodotti agroalimentari di qualità. Per snellire le procedure e garantire la massima protezione, è stato creato nel tempo un quadro sempre più omogeneo a livello comunitario.

I marchi di qualità sono diversi ma i principali sono quelli di cui trattiamo nel focus:

  • DOP (Denominazione di Origine Protetta);
  • DOC (Denominazione di Origine Controllata);
  • IGT (Indicazione Geografica Tipica);
  • IGP (Indicazione Geografica Protetta);
  • STG (Specialità Tradizionale Garantita).

Scopriamo meglio di che si tratta e quali sono le differenze sostanziali tra questi marchi di tutela del made in Italy contro possibili fenomeni di italian sounding.

DOP: Denominazione di Origine Protetta

Le peculiari caratteristiche qualitative degli alimenti a marchio DOP, dipendono in tutto o in parte dall’ambiente geografico in cui vengono prodotti.
Per ambiente geografico si intende l’insieme dei fattori ambientali (caratteristiche territoriali, clima) e umani (tecniche di produzione artigianali tramandate nel tempo).

Tutte le varie fasi produttive avvengono in un determinato ambiente geografico. Con questo marchio , quindi, si garantisce non solo la territorialità ma anche i rispetto dei metodi (o disciplinari) di produzione, grazie a cui si ottiene un prodotto inimitabile al di fuori di una specifica zona produttiva. Tutte le varie fasi di produzione, trasformazione ed elaborazione dei prodotti avvengono in quell’area geografica.

La tutela del prodotto, si estende in tutta Europa e, in accordo con l’Organizzazione Mondiale del Commercio (WTO), al resto del mondo.
Vini, formaggi, carne, pesce, oli ed altro ancora. In Italia, i prodotti di questa tipologia, sono 167 tra cui Parmigiano Reggiano, Grana Padano, Prosciutto di Parma, Mozzarella di Bufala Campana.

DOC: Denominazione di Origine Controllata

Il marchio DOC, rappresenta la prima certificazione, a tutela dei prodotti dalle caratteristiche uniche creata negli anni Sessanta. Indicava vini di qualità e pregio, dalle caratteristiche legate all’ambiente naturale ed a specifici disciplinari di produzione.

La Denominazione di Origine Controllata oggi è una sigla non più riconosciuta: una delibera europea ha incluso questi prodotti nel più moderno marchio. In fondo, il prodotto che si avvale del riconoscimento è molto rinomato, di qualità, dalle caratteristiche profondamente legate all’ambiente naturale ed ai fattori umani di un determinato ambiente geografico.

IGT: Identificazione geografica tipica

Il marchio di qualità IGT, è assegnato ai vini prodotti in aree generalmente ampie ma con requisiti specifici. Le uve provengono da una determinata zona geografica per almeno l’85% e presentano particolari caratteristiche organolettiche.

Rispetto ad altri marchi, gli IGT hanno requisiti meno restrittivi, appartengono a vaste aree: di solito, si tratta di una Regione o di un insieme di territori dalla buona uniformità ambientale che garantisca particolari qualità al prodotto vitivinicolo. Per il marchio, non vi è l’obbligo di dichiarare il colore del vino o l’annata.

IGP: Identificazione geografica protetta

L’acronimo IGP, è una classificazione riconosciuta dall’UE. Esiste una sola differenza tra i due marchi di qualità sopra citati. Infatti, per quest’ultimo, è sufficiente che soltanto una delle fasi di produzione, trasformazione ed elaborazione avvenga in una determinata zona geografica. Ad esempio, può essere realizzato in una certa zona ma con una materia prima di diversa origine.

Caratteristiche, qualità o reputazione del prodotto, dipendono dall’origine geografica dove viene prodotto ed elaborato seppure, a differenza dei precedenti, non tutte le peculiarità provengono dal territorio dichiarato.
Esistono 130 prodotti fregiati con questo marchio in Italia, tra cui la Mortadella Bologna, l’Aceto Balsamico di Modena e la Bresaola della Valtellina.

STG: Specialità tradizionale garantita

Il marchio STG è nato a tutela le produzioni che non sono prettamente legate ad un’area geografica, ma che sono legate ad una ricetta e ben definiti metodi di produzione tradizionale.

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Regimi di qualità: quale è il loro riconoscimento?

I regimi di qualità dei prodotti alimentari trasformati, ed agricoli del settore primario, sono definiti dal Reg CE 1151/2012. Sono molto apprezzati a livello nazionale e comunitario, gli obiettivi della commissione possono essere approfonditi sul sito della UE.

Questa è una cosa buona. Il consumo interno di prodotti, o auto produzione, è molto utile anche a livello ambientale, in quanto, mercati come il kilometro zero o quelli locali, favoriscono l’abbattimento delle emissioni di CO2, dovute ai lunghi tragitti della supply chain.

Un abbattimento fondamentale, per la sostenibilità ambientale e per la lotta all’innalzamento climatico ed alla protezione della biodiversità. D’altro canto, però, i mercati internazionali, offrono opportunità di guadagno molto importanti. Impossibili da trascurare.

Ma quale è il loro riconoscimento nei paesi terzi? Ovvero quelli che stanno al di fuori dei confini comunitari? Dobbiamo dire, che questa tipologia di riconoscimento, perde molto del suo ‘fascino’.

Uno delle motivazioni è dovuta al fatto, che tali regolamentazioni, non contemplano i requisiti definiti da GFSI, Global Food Safety Initiative, di sicurezza, qualità e legalità alimentare. Ma si ferma solamente a degli aspetti qualitativi, che sono più da definirsi delle claim.

Purtroppo nel nostro paese, siamo ancora fermi al pensiero, che tutto giri intorno al buono. Che buono sia anche sano. Utilizzando la parola qualità, in modo improprio. Infatti, la qualità, significa, avere la capacità di rispettare nel tempo dei requisiti definiti. In questo è buono, questo è sano, mangia sempre italiano, è uno slogan, non altro.

Un esempio, è anche quello delle etichette rappresentative a batteria, o nutriscore. La propaganda dice che vogliono sabotarci. La realtà è che, l’identificazione, serve per dare una linea di dieta sana. C’è chi si arrabbierà, leggendo ciò, ma provate a nutrirvi solo dei famosissimi formaggi, vedrete quanta ‘eccellenza’ alle vostre analisi porteranno.

Quando i marchi collettivi strizzano un occhio alle certificazioni GFSI

Quindi se avessi un’organizzazione, che abbia ricevuto questi riconoscimenti, e volessi aprirmi i mercati esteri, puntando su queste particolarità, che cosa dovrei fare? Le risposte principali sono 2:

  1. La prima risposta è quella di adottare, fino alla certificazione, i requisiti degli standard alimentari riconosciti dal Global Food Safety Initiative, organizzazione che promuove le regole a livello internazionale per la sicurezza, qualità e legalità alimentare. Gli standard più importanti sono la certificazione BRC, IFS, FSSC 22000, SQF, GMP+, e Global Gap;
  2. La seconda risposta, per le realtà che operano sul mercato americano, è di implementare i requisiti obbligatori del CFR 21. La norma per la sicurezza alimentare per i produttori ed importatore statunitensi.

Entrambe le tipologie, di cui una può essere adottata obbligatoriamente, solo dalle organizzazioni che operano negli USA, mentre l’altra anche se consigliata è di rodigine volontaria, ma riconosciuta in tutto il mondo, forniranno una struttura capace di dare ‘forza’ alla particolarità dei riconoscimenti sui regimi di qualità.

Integrare, i requisiti per la food safety, la food defense e la food fraud, nei propri processi, sarà un valore aggiunto per valorizzare gli alimenti. E per proteggerli sui mercati, standardizzando, i nostri profili organolettici o peculiarità storico, geografiche, uniche nel mondo.