Filiera e tipologie di produzione del formaggio

La produzione del formaggio è un’arte antica, una pratica che si sviluppa in ogni angolo del globo, con tecniche uniche e processi di produzione strettamente legati alle caratteristiche del territorio, e della tradizione che vede l’Italia come importante produttore di eccellenze a livello globale.

La storia dei processi di caseificazione ha origine antiche, infatti, considerando che la pastorizia è stata una delle prime attività svolta dall’uomo dopo la caccia, era necessario trovare delle metodiche di conservazione del latte.

Un primo step fu quello di creare bevande acidificate, molto presenti ancora oggi in varie parti del mondo che in un secondo momento hanno dato luogo alla produzione del formaggio molle.

Il secondo fu quello di cercare di riprodurre quanto veniva visto negli stomaci di vitelli ed agnelli durante la macellazione, dove il latte era cagliato e rompendo il coagulo avveniva la separazione dalla parte solida.

Quali sono i formaggi italiani più importanti?

L’Italia è famosa in tutto il mondo per la sua incredibile varietà di prodotti caseari, molti dei quali sono protetti da designazioni di origine come la Denominazione di Origine Protetta (DOP) e l’Indicazione Geografica Protetta (IGP).

Caseificazione la Filiera di produzione del formaggio

Ecco alcuni dei formaggi italiani più noti e apprezzati:

  • Parmigiano Reggiano DOP: Conosciuto anche come il “Re dei Formaggi”, il Parmigiano Reggiano è un formaggio a pasta dura prodotto in Emilia-Romagna e Lombardia. È famoso per il suo sapore ricco e complesso e per la sua texture granulosa.
  • Mozzarella di Bufala Campana DOP: Questa mozzarella viene prodotta solo con latte di bufala in specifiche regioni del sud Italia. È famosa per la sua consistenza morbida e filante e per il suo sapore delicato e leggermente acidulo.
  • Gorgonzola DOP: Questo formaggio cremoso e dal sapore forte viene prodotto in Lombardia e Piemonte. È uno dei pochi formaggi al mondo a pasta erborinata, caratterizzato da venature di muffa blu-verde.
  • Pecorino Romano DOP: Prodotto in Sardegna, Lazio e nella provincia di Grosseto in Toscana, il Pecorino Romano è un formaggio a pasta dura fatto con latte di pecora. Ha un sapore salato e intenso.
  • Taleggio DOP: Prodotto in Lombardia, è un formaggio a pasta molle e dal sapore dolce e leggermente acidulo.
  • Asiago DOP: Prodotto in Veneto e Trentino-Alto Adige, l’Asiago può essere fresco (Asiago Pressato) o stagionato (Asiago d’Allevo), con sapori che vanno dal dolce e leggermente acidulo al più robusto e saporito.
  • Fontina DOP: Originario della Valle d’Aosta, la Fontina è un formaggio cremoso perfetto per fondute. Ha un sapore dolce e un aroma di noci.
  • Provolone Valpadana DOP: Questo formaggio semiduro è prodotto in diverse regioni del nord Italia. È famoso per la sua forma insolita e può essere affumicato o stagionato per aumentare il suo sapore.

Questi sono solamente un esempio della gran quantità di prodotto dei casari italiani. Ogni formaggio italiano ha la sua unicità, che risiede nelle tecniche tradizionali di produzione, nella qualità del latte utilizzato e nelle caratteristiche del territorio in cui viene prodotto.

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Che cosa è il formaggio?

Dal punto di vista merceologico si intende formaggio o cacio un prodotto ottenuto dal latte intero, parzialmente scremato o scremato, oppure dalla crema, in seguito a coagulazione acida o presamica, anche facendo uso di fermenti e cloruro di sodio.

Il suo nome probabilmente deriva dalla capacità del prodotto di prendere e conservare la forma del recipiente che lo contiene. Non a caso si parla di forma di formaggio.

Il formaggio è un alimento ottenuto dalla fermentazione del latte, un processo che consente di conservare le ricchezze nutritive del latte sotto una forma solida e facilmente conservabile.

Il latte può provenire da diversi tipi di animali, tra cui mucche, pecore, capre e bufale, e la sua composizione può variare a seconda dell’alimentazione dell’animale, della sua età, della stagione e di altre variabili.

Può essere prodotto con latte intero, parzialmente scremato o scremato, arricchito con erbe spezie ed aromi, e queste differenze influenzano le caratteristiche del formaggio finale.

Il processo di produzione del formaggio inizia con la coagulazione del latte, che può avvenire per acidificazione o per l’aggiunta di caglio. Durante la coagulazione, le proteine del latte (caseine) si aggregano formando la cagliata.

Quest’ultima viene poi lavorata in modi diversi a seconda della tipologia di formaggio che si vuole ottenere: può essere tagliata, riscaldata, pressata, salata e, infine, maturata per periodi di tempo che vanno da pochi giorni a diversi anni.

Durante la maturazione, si sviluppano i sapori e gli aromi tipici di ogni formaggio, grazie all’azione di batteri e muffe. Ogni passaggio della produzione del formaggio è attentamente controllato per garantire la sicurezza e la qualità del prodotto finale.

La filiera di produzione comprende un sistema integrato che parte dall’alimentazione dell’animale, passa per la mungitura, la trasformazione del latte in formaggio, e termina sulle tavole dei consumatori.

Essa è un processo complesso che richiede non solo competenze artigianali, ma anche conoscenze scientifiche e tecniche. In questo articolo, ci concentreremo sulle diverse tipologie di formaggi, sui processi di produzione e sulla sicurezza alimentare legata a questa prelibatezza amata da tutti.

Quali sono le tipologie di formaggio

Il panorama dei prodotti caseari è variegato e offre un’infinità di scelte al consumatore.

Non tutti questi derivati dal latte sono uguali: variano in base al tipo di latte utilizzato (vacca, pecora, capra, bufala), alla tecnica di produzione, al periodo di maturazione e all’area geografica di produzione.

Il Regolamento UE 853/2004 definisce i prodotti lattiero caseari quelli risultanti dalla trasformazione di latte crudo o dall’ulteriore trasformazione di detti prodotti trasformati.

Il medesimo regolamento comunitario definisce altresì come prodotti trasformati quelli provenienti dalla trasformazione di prodotti non sottoposti a trattamento.

Questi prodotti possono contenere ingredienti necessari alla loro lavorazione o per conferire loro cara6eristiche specifiche.

La classificazione dei formaggi viene suddivisa su diversi fattori quali la consistenza della pasta, tecnica di lavorazione, periodo di maturazione, titolo di grassi, tipologia di latte:

Classificazione in base alla pasta del formaggio

La classificazione in case alla consistenza della pasta del prodotto sono definite tre classi:

  • Formaggi a pasta molle, chiamati anche freschi dove l’acqua presente nel prodotto è al di sopra del 40%;
  • Formaggi a pasta semidura dove la percentuale di acqua è compresa tra il 35% ed il 45%;
  • Formaggi a pasta dura dove l’acqua ha una percentuale che non supera il 38%.

Classificazione in base alla tecnica di lavorazione

La classificazione in base alla tecnologia di lavorazione invece definisce quattro classi:

  • Formaggi a pasta cruda, quando la cagliata non subisce nessuna tipologia di trattamento;
  • Formaggi a pasta semicotta, quando la cagliata viene cotta fino ad un massimo di 48° C;
  • Formaggi a pasta cotta, quando la cagliata  viene cotta oltre i 48° C, ma senza superare le temperature di 56° – 58° C;
  • Formaggi a pasta filata, quando la cagliata viene sottoposta al processo di filatura in acqua ad una temperatura di circa 80°C.

Classificazione in base al periodo di maturazione

La classificazione in base al periodo di maturazione definisce altre 4 classi:

  • Formaggi freschi che non subiscono nessun processo di stagionatura e sono a veloce consumo;
  • Formaggi a maturazione breve, quando il prodotto subisce una stagionatura che varia dai 20 – 40 giorni;
  • Formaggi a maturazione media, quando il prodotto può subire una stagionatura massima di 6 mesi;
  • Formaggi a maturazione lenta, quando la stagionatura va oltre i 6 mesi.

Classificazione in base al titolo dei grassi

Un’altra importante classificazione considera l’aspetto dei grassi presenti nei prodotti:

  • Formaggi semigrassi, quando il titolo dei grassi è compreso tra il 20 ed il 40%
  • Formaggi grassi, quando è superiore al 40%.

Classificazione secondo lo stato di latte utilizzato

In base allo stato di latte utilizzato viene definita anche la seguente classificazione:

  • Latte crudo, quando la materia prima utilizzata subisce solamente la scrematura prima della coagulazione. In genere utilizzato nelle filiere corte e produzioni locali;
  • Latte sottoposto a trattamenti termici, quando viene utilizzata una materia prima che ha subito un trattamento di pastorizzazione, o equivalente, necessario per la riduzione della carica batterica.

Ovviamente molti prodotti caseari possono appartenere a più classi di quelle che abbiamo appena descritto.

Processo di produzione della filiera casearia

I processi che interessano la filiera casearia si differenziano rispetto ai fattori che abbiamo visto sopra. In linea generale comprendono:

  • Alimentazione. L’alimentazione ricopre una parte fondamentale, come il benessere animale, per il prodotto che andremmo a creare. Grassi, valori organolettici, sono correlati allo stato di alimentazione dei capi. Valori importanti e ‘legali’ per le produzioni che sono soggette ai requisiti definiti dai disciplinari, per i quali si deve fare attenzione durante i cambi di dieta e le fasi di magra dell’animale.
  • Mungitura. Il processo di mungitura è una fase critica nella filiera di produzione del formaggio, ed è strettamente regolato per garantire il benessere dell’animale e la qualità del latte. Può avvenire manualmente o meccanicamente. Nella mungitura manuale, l’operatore preme e strofina i capezzoli dell’animale per stimolare il rilascio del latte. La mungitura meccanica, invece, utilizza macchine che replicano questa azione in modo più uniforme ed efficiente. Indipendentemente dal metodo, la mungitura deve essere effettuata con grande cura per evitare di danneggiare l’animale o di contaminare il latte. È importante che l’ambiente di mungitura sia pulito e che l’animale sia in buone condizioni di salute. Dopo la mungitura, il latte viene rapidamente raffreddato per preservarne la freschezza e prevenire la crescita di batteri nocivi.
  • Trasporto in caseificio. Il trasporto alla struttura dovrà avvenire velocemente e con mezzi idonei sanificati, refrigerati o isotermici.
  • Refrigerazione. Una volta ricevuto il prodotto verrà stoccato in cisterne e refrigerato per controllare la prolificazione e lo stato organolettico del prodotto.
  • Aggiustamento della frazione lipidica. Il titolo dei grassi deve essere non inferiore a 3,5% per i formaggi grassi, mentre per i magri il 2,5%. Questo fattore deve essere corretto con l’aggiunta di crema prima della lavorazione della materia prima.
  • Pastorizzazione. Obbligatoria per i formaggi freschi. In questa fase si ha l’inoculo di culture starter se necessaria. Infatti si possono effettuare lavorazioni con fermentazioni naturali, senza utilizzo di starter, oppure utilizzando starter naturali che possono essere il siero innesto, proveniente da una precedente caseificazione, o latto innesto, aggiunta di latte e starter. Per esempio:
    • Innesti microbici. Streptococcus lactis, S. cremoris, S. termophilus, Lactobacillus bulgaricus, L. casei, L. helveticus.
    • Addizione di spore di muffe. Penicillium roqueforti, P. glaucum, per ottenere formaggi erborinati (gorgonzola, roquefort). Addizione di coloranti naturali.
  • Coagulazione. Gelificazione della frazione caseinica per precipitazione delle micelle. La trasformazione del latte in cagliata. Massa gelatinosa di paracaseinato che forma il reticolo tridimensionale dove rimangono intrappolati i globuli di siero e grasso espellendo i primi e trattenendo i secondi. Vi sono due tipologie di coagulazione.
    • Acida. Quando il pH del latte raggiunge il valore di 4,6 per fermentazione da parte della microflora lattica, con trasformazione del lattosio in acido lattico.
    • Presamica. Durante la coagulazione ad opera del caglio o di altri enzimi coagulanti si determina una destabilizzazione della micella proteica, per idrolisi da parte della rennina a carico della K-caseina, con distacco del peptide acidico colloi dal protettore e addensamento della para-caseina.
  • Rottura della cagliata. La massa gelatinosa che si è formata viene mantenuta in movimento, e rotta in grani di dimensioni variabili a seconda della tipologia di prodotto per favorire la fuoriuscita del siero dove sono presenti grasso, sale e sieroproteine.
  • Cottura. Avviene riscaldando la cagliata a temperature e tempi variabili, a seconda della tipologia di formaggio può variare dai 38° ai 60° C per tempi di 15 minuti fino a 60 necessaria per facilitare lo spurgo dei grassi. In caso di formaggi a pasta filata vi sarà una parte di maturazione della cagliata per alcune ore ad una temperatura di 40° per passare ad una temperatura in acqua calda di 80°- 90° C.
  • Messa in forma. La cagliata dopo la cottura estratta dal siero verrà collocata in contenitori di vario genere, stampi, fascette dove prosegue la fase di spurgo.
  • Salatura. La fase di salatura del prodotto può essere eseguita a secco, sfregando e cospargendo il sale sulla superficie delle forme, oppure immergendo la forma in salamoia. Questa fase avverrà ad una temperatura controllata di 15° C per periodi che possono variare a seconda della tipologia di formaggio.
    Maturazione. Fase dove il prodotto raggiunge le caratteristiche della sua varietà. In questa fase, che può variare nella durata a seconda della tipologia di cacio avvengono delle modifiche  dovute a: enzimi del latte, attività residua del caglio, enzimi degli starter batterici, enzimi dei microrganismi non starter. In questa fase possono essere comprese, soprattutto per i prodotto a lunga stagionatura, pulizia della crosta, e ribaltamento dei prodotti per favorire le attività di maturazione. Riassumendo:
    • Riduzione del contenuto idrico. Riduzione dal 25 al 60% della quantità iniziale di acqua a seconda del prodotto da ottenere.Carico dei glucidi. Il lattosio viene trasformato ad acido lattico o ad acido lattico, etanolo e CO2. L’acido lattico conferisce elasticità e compattezza al prodotto.Carico dei lipidi. Lipasi che può derivare dal latte.
    • Carico delle proteine. Caseine la cui degradazione è all’origine dell’ammorbidimento della pasta, del suo cambiamento di colore, di aspetto, inoltre, in seguito alla formazione di nuovi prodotti, vi è lo sviluppo del sapore e dell’aroma.
  • Etichettatura ed identificazione. Fase in cui i prodotti vendono stampati direttamente o vengono affisse le etichette. In questa fase possono essere effettuate lavorazioni come la porzionatura e dil confezionamento.
  • Stoccaggio e spedizione. Fasi in cui il prodotto finito viene stoccato ed immesso sul mercato.

Quali sono i requisiti per le aziende che operato nella caseificazione?

Come tuttu gli attori facenti parte della filiera agroalimentare, anche per il comparto della caseificazione i requisiti si suddividono in obbligatori e volontari. I primi comprendono:

  • Regolamento UE 178/2002 principi e i requisiti generali della legislazione alimentare.
  • Regolamento UE 853/2004 norme in materia di igiene per gli alimenti di origine animale.
  • Regolamento UE 1169/2011 fornitura di informazioni sugli alimenti ai consumatori.
  • Regolamento UE 1333/2008 additivi alimentari.
  • Regolamento UE 2073/2005 criteri microbiologici applicabili ai prodotti alimentari.
  • Regolamento UE 1935/2004 materiali e gli oggetti destinati a venire in contatto con gli alimenti.
  • Regolamento UE 915/2023 tenori massimi di alcuni contaminanti negli alimenti.
  • Decreto Ministeriale 9 dicembre 2016 Indicazione dell’origine in etichetta del latte e del latte.

I requisiti di certificazione alimentare volontaria che possono essere utili alla tua organizzazione e per i quali possiamo assistere la tua realtà sono:

  • Standard BRCGS Food. Standard riconosciuto dal GFSI (Global Food Safety Initiative) nato dalla grande distribuzione inglese che richiede il rispetto di requisiti sulla cultura per la sicurezza, qualità e legalità alimentare.
  • Standard IFS Food. Fratello del precedente ma nato dalla GDO franco tedesca.
  • Standard FSSC 22000. Anche in questo caso uno standard riconosciuto a livello globale che nasce dall’unisce della norma ISO 22000 e norme tecniche ISO/PAS di settore in merito ai prerequisiti per la sicurezza alimentare, che nasce dall’unione di intenti dei produttori internazionali.
  • Certificazione ISO 22000. Norma internazionale che definisce i requisiti dei sistemi di gestione per la sicurezza alimentare.
  • Certificazione ISO 22005. Norma internazionale che definisce i requisiti dei sistemi di gestione per la tracciabilità di filiera.

Oltre questi possono essere citati anche i marchi collettivi, e di certificazioni di prodotto come la certificazione biologica, gluten free, ed i sistemi di qualità nazionale molto richieste nelle fiere internazionali come il World Cheese Awards.