La dimensione dell’alimentazione Halal non investe, inoltre esclusivamente, il campo dottrinale, giuridico, economico, ma anche quello etico: l’alimento deve essere lecito ma al contempo puro e sano, il suo ottenimento non deve essere frutto di eccesso, di abuso, di prevaricazione, di sofferenza.
Anche molti non musulmani comprano prodotti con la certificazione Halal, proprio per il loro elevato standard qualitativo e la garanzia che viene dal controllo di tutta la filiera, dalla materia prima, alla produzione, fino alla messa in commercio dei prodotti.
Il mercato di riferimento è in continua crescita, infatti un miliardo e mezzo di fedeli Musulmani sono i potenziali consumatori, destinato a raggiungere i due nei prossimi decenni, con un fatturato mondiale pari a circa 800 miliardi di dollari, questo fa comprendere perché molte catene della GDO richiedano alle aziende produttrici la certificazione Halal.
La certificazione ḥalâl ha come obbiettivo quello di garantire la piena corrispondenza e conformità del prodotto, della sua origine, della sua lavorazione, della sua messa in commercio a quelle che sono le prescrizioni della religione islamica.
È quindi un elemento di garanzia e tutela tanto del consumatore e del cliente, quanto dell’azienda produttrice, distributrice, venditrice.
Per le realtà imprenditoriali costituisce inoltre non solo un valore aggiunto, da affiancare all’indiscutibile autorevolezza del Made in Italy, ma anche una condizione necessaria per operare nel mercato dei Paesi Islamici.
Ad esempio, è possibile esportare nei Paesi Islamici solo carne macellata ritualmente, corredata dalle necessarie certificazioni di origine e macellazione, così come contemplato dalle vigenti norme doganali di detti Paesi.
Alle aziende che vogliono affacciarsi a questo regolamento consigliamo in primis di aiutarci a comprendere quale sia il loro mercato di riferimento. In quanto non tutti i riconoscimenti sono validi per tutti i mercati.
Per esempio vi è una certificazione Halal meglio applicabile hai mercati Europei, a quelli Arabi, Africani ed Indonesiani, che hanno differenze importanti sulle tipologie di ingredienti vietati.